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lunedì 15 aprile 2019

Uova di Pasqua: storia e tradizione



Questa volta scrivo qualcosa anche riguardo l'uovo di Pasqua, il simbolo universale della rinascita!
In questo caso l'input è arrivato da Elena, adoro le mie folli amiche cattoliche che quando hanno sottomano notizie interessanti me le propongono cosi che possa fare il mio solito sproloquio XD.
Inizio con alcuni cenni variegati per poi passare alla parte cristiana.

Anticamente era collegato alla Fenice che, secondo la leggenda, prima di morire, preparava un nido a forma di uovo, su cui si adagiava, lasciandosi incenerire dal sole.
Sulle ceneri nasceva l'uovo dal quale poi riprendeva vita.

Secondo un'antica tradizione che risale ai Persiani, pare che si scambiassero uova di gallina all'arrivo della stagione primaverile per buon auspicio, successivamente questa tradizione venne acquisita anche dagli Egizi.

L'usanza di regalarsi le uova più recentemente risale al medioevo in Germania, dove però le uova erano bollite e avvolte in foglie per far si che si colorassero; tra gli aristocratici invece era consuetudine farne fabbricare in oro o platino decorate.
Di ‘uova colorate’, dipinte con varie tinte vegetali , si parla in un documento della prima metà del XIII secolo, quando nelle contrade di Pescara, regnava l’ imperatore Federico II di Svevia.
- L’Autore del documento scrive che nel giorno di Sabato Santo il Monastero di Santa Maria di Cinquemiglia, tramite il suo Bajulo, mandava a ritirare presso gli abitanti dei Casali soggetti all’Abbazia “uova lesse et pinte “ ed ogni Casale era contraddistinto da un particolare colore, espediente questo che serviva come promemoria all’Abate per controllare l’avvenuto pagamento, da parte dei ‘villici’, delle prestazioni dovute al Convento-

Edoardo I nel 1290, incluse nei suoi conti la spesa di centinaia di uova che dovevano essere distribuite alle sue cameriere.
Nel XVII secolo il papa Paolo V benedì in una preghiera un uovo che doveva essere usato in Inghilterra, Scozia e Irlanda. 
Ai tempi durante la Quaresima le uova erano proibite e furono reintrodotte nella domenica di Pasqua, come regalo per la famiglia, gli amici e la servitù.

Le uova di cioccolato invece arrivano più tardi, si parla del 1700 su commissione di Luigi XIV che  aveva richiesto un uovo fatto con crema di cacao.
Fu invece a Torino negli anni 20 che i maestri dell'arte del cioccolato inventarono il primo macchinario in grado di realizzarlo.

Nei paesi nordici, dei piccoli ovetti vengono utilizzati ancora oggi per addobbare "l'albero di Pasqua", che a differenza di quello di Natale, è rappresentato da rami spogli di pesco, solitamente con colori chiari e colori pastello delicati, anche se il giallo è quello predominante.
Inoltre è usanza sia donarli che riceverli come messaggio di buon augurio e buona fortuna.

La sorpresa è invece altra storia, pare sia originaria della Russia nel 1880, per la precisione nel 1883 quando ad un orafo venne commissionato dallo zar Alessandro III, un uovo in platino smaltato di bianco al cui interno c'era un altro uovo in oro, il quale conteneva altri doni (una riproduzione della corona imperiale e un pulcino dorato).... un uovo matrioska!

Quando l'uovo arrivò anche in Italia era già usanza farlo con la sorpresa all'interno.

Passando alla tradizione cristiana, e prima ancora ebraica, possiamo dire che l'uovo era un simbolo già presente nella Pasqua ebraica perchè la sua forma che non ha ne un inizio ne una fine, rappresenta il ciclo continuo della vita e della morte.
E' sia simbolo del lutto che della speranza.
Per noi cristiani diventa si' simbolo di rinascita, ma quella di Cristo!
Gesù esce dalla tomba esattamente come il pulcino esce dall'uovo.

- Leggenda narra..... che la Maddalena per annunciare la resurrezione di Gesù all'imperatore Tiberio, gli consegnò un uovo dipinto di rosso (simbolo del sangue di Cristo). -

Con il passare del tempo nacque la tradizione di portare le uova a benedire in Chiesa, cosa che ricordo benissimo da bambina... dove vivo ora non so perchè non  lo facciano ma riesco lo stesso a farmi procurare uova benedette da mangiare la mattina di Pasqua.
Il sabato santo preparavamo un cesto con le uova di cioccolato e un cestino più piccolo con le uova di gallina dipinte da me e mio fratello, poi nel pomeriggio andavamo in Chiesa per la benedizione.
La mattina di Pasqua come colazione mangiavamo l'uovo o sodo o al latte... che bei ricordi!

Per colorare le uova utilizzavamo le classiche tempere, oggi griderebbero "sono tossicheeeee" per cui fate un po come preferite e per le super natural di seguito metto una foto con i metodi per colorare  le uova in modo naturale con frutta, verdura, radici etc...
(non vi so dire la fonte originale della foto perchè si trova ovunque)

A presto!!!
Cristina




martedì 20 novembre 2018

In cucina con i Santi: Le Pettole di Santa Cecilia.





Questo mese la rubrica 'in cucina con i santi' ci presenta un piatto tipico della tradizione Tarantina: "le Pettole di Santa Cecilia".
Grazie a Maria Elena per questo splendido lavoro.

Con la festa di Santa Cecilia, che ricorre il 22 novembre, inizia nella citta' di Taranto il periodo dei festeggiamenti per il Natale, quarantotto giorni di eventi, che spaziano tra cultura, intrattenimento e musica. 
E' pertanto per i tarantini una festa molto sentita.

La notte tra il 21 e 22 novembre, per tradizione, in citta' le famiglie si danno un bel da fare per preparare le Pettole di Santa Cecilia, da gustare  da prima dell'alba.
Gia' dalle 3.30 di notte i tarantini sono svegliati dalla musica della banda che percorre per alcune ore le vie della citta', suonando pastorali scritte appositamente per l'occasione e ispirate alle melodie realizzate con zampogne e cornamuse dai pastori di Abruzzo che in passato, durante la transumanza, scendevano fino in Puglia con il gregge e suonavano per le vie di Taranto chiedendo cibo in cambio della loro musica.

Il cibo tipico tarantino che veniva offerto ai pastori e poi in seguito utilizzato nei festeggiamenti per Santa Cecilia, erano proprio delle semplici e gustose frittelle di pane...le pettole!

Pare che le tradizioni legate a questa notte piena di musica e festa, siano nate nell'Ottocento dal desiderio dei musicisti della Banda locale di onorare la Santa Patrona della musica.
Prima dell'alba del 22 novembre, ogni tarantino che voglia onorare la tradizione, deve mettersi ai fornelli per friggere le pettole, che verranno poi mangiate in famiglia e offerte ai musicisti e ai passanti!
Ancora oggi, in occasione della festa, oltre alla Banda locale, si esibiscono anche gli zampognari che giungono nella città partendo dai monti della Calabria e della Murgia, per suonare ed assaggiare qualche pettola.

La tradizione narra che le pettole, da 'pettel' che in dialetto significa 'focaccia', siano nate da un errore di lievitazione capitato ad una mamma tarantina, che trasformo' l'impasto di pane in una massa esageratamente gonfia, tanto da non poter piu' essere usata per il pane, ma solo divisa in pezzetti e fritta. 
La storia narra che la donna, affascinata dalle melodie degli zampognari che suonavano sotto casa sua, si distrasse e lascio' lievitare troppo l'impasto e, pur di non lasciare i figli senza colazione, ne ideo' un utilizzo alternativo: delle saporite frittelle di pane.
Il risultato fu' talmente buono che la donna scese poi in strada ad offrire le pettole agli zampognari, per ringraziarli di essere stati all'origine della sua distrazione.

Ecco dunque la ricetta delle pettole.

Ingredienti per circa 45-50 pettole:
- Farina 00 500 g
- Lievito di birra fresco 12 g
- Sale grosso, un cucchiaino 
- Acqua tiepida 375 ml

Preparazione:
Setacciate la farina in una ciotola, fate al centro una fontana e scioglieteci il lievito di birra con poca acqua tiepida. 

Sciogliete nell’acqua rimanente il sale grosso e versatela a filo poco alla volta sulla farina. 
Impastate con le mani per ottenere un impasto molto morbido e colloso, se necessario aggiungete altra acqua. 

Mettere l'impasto in forno con la luce accesa per due ore in modo che raddoppi di volume.

Predisporre sul fuoco una pentola capiente con abbondante olio di semi per friggere le pettole.
Appena l'olio avrà raggiunto i 180° bisogna prelevare con un cucchiaio poco impasto alla volta e, aiutandosi con un dito bagnato in poca acqua, si dovra' far scivolare dal cucchiaio la pallina di impasto direttamente nell’olio.

Le pettole devono essere dorate da entrambi i lati, quindi in cottura andranno girate con una pinza. 

Una volta tolte dall’olio e fatte scolare su carta assorbente, le pettole andranno gustate ancora calde.

Per una versione dolce si potranno rotolare, appena scolate, nello zucchero o nel miele.

La versione salata piu' ricca invece, prevede che nell'impasto base vengano aggiunti ingredienti a scelta, come ad esempio olive o pancetta.



Buon appetito e al prossimo mese!!!!
Se avete ricette collegate ai Santi da consigliarci, potete scriverci!!

venerdì 10 novembre 2017

San Martino, per noi portatore di doni.


Buonasera,
stasera inizio i port riguardo le "tradizioni di famiglia" dato che si avvicina il periodo natalizio e con esso Santa Lucia e Babbo Natale con i loro doni.
Ne parlo in largo anticipo per un motivo semplice,  sono cresciuta con San Martino come apripista delle festività, ed essendo domani la sua festa è il momento per scrivere qualcosa.
Nel nostro paesello c'è la chiesa di San Martino e all'esterno è presente il disegno (fatto con le pietre) di questo Santo a cavallo.
Qualche anno fa scrissi già un post  riguardo ma preferisco dividerli per parlarne meglio.

San Martino, vescovo, nel giorno della sua deposizione: nato da genitori pagani in Pannonia, nel territorio dell’odierna Ungheria, e chiamato al servizio militare in Francia, quando era ancora catecumeno coprì con il suo mantello Cristo stesso celato nelle sembianze di un povero. Ricevuto il battesimo, lasciò le armi e condusse presso Ligugé vita monastica in un cenobio da lui stesso fondato, sotto la guida di sant’Ilario di Poitiers. Ordinato infine sacerdote ed eletto vescovo di Tours, manifestò in sé il modello del buon pastore, fondando altri monasteri e parrocchie nei villaggi, istruendo e riconciliando il clero ed evangelizzando i contadini, finché a Candes fece ritorno al Signore. (Tratto da Santi e Beati) 

San Martino, per i bambini è portatore di doni con il suo cavallo, per noi adulti è il santo che tagliò il suo mantello per riscaldare un povero, nonostante avesse genitori pagani, all'età di 10 anni volle diventare cristiano; a 18 anni dopo il gesto del mantello e aver ricevuto in sogno Gesù Cristo, si fece battezzare.

Da piccoli aspettavamo con trepidazione questo momento, era tradizione preparare la sera prima delle carote e delle foglie (delle betulle che avevamo in giardino)  per il cavallo di San Martino in fondo alle scale, il tutto ovviamente sistemato con molta cura.
Preparavamo anche qualcosa da mangiare e da bere per il Santo.
Inoltre non poteva mancare la letterina sia per casa nostra che per i nonni, dove di solito scrivevamo:
"Caro San Martino,
sono una bambina (bambino) piuttosto brava (o) , portami quello che vuoi."

Il giorno dopo per prima cosa andavamo a controllare che il cavallo avesse mangiato tutto per capire se era passato, e solo dopo andavamo a controllare i doni ricevuti e trovavamo sempre il bicchiere vuoto e qualche briciola del cibo che avevamo preparato.
Dopo il controllo andavamo dai nonni che abitavano di fronte nella speranza di aver ricevuto qualcosa.
A casa nostra un lato del tavolo era per me e l'altro per mio fratello, dai nonni invece i regali erano su due poltrone, quella di destra mia e quella a sinistra per mio fratello.

Sono passati tanti anni ma ricordo ancora la gioia nel preparare la letterina e il cibo per il cavallo.
Erano momenti difficili da dimenticare soprattutto per si respirava una serenità che difficilmente andava oltre le feste quindi diciamo che "facevamo il pieno" in queste occasioni.

Da qualche anno vivo in un paese diverso, è solo a 5 km di distanza quindi particolarmente vicino ma qui come in tutti i paesi vicini, non festeggiano San Martino; in realtà il nostro era l'unico paese della zona ad averlo come tradizione.
Devo ammettere che mi manca il fatto che qui non si festeggi, c'è da dire che i nonni vivono ancora nel paese dove siamo cresciuti quindi i bambini fanno lo stesso la letterina, ma non è la stessa cosa.
Ieri hanno preparato le letterine, una l'hanno data ai nonni (genitori di mio marito), mentre stamattina ho portato l'altra l'ho portata stamattina a mio padre.
Domani nel primo pomeriggio andremo a vedere cosa hanno portato (in realtà ho preso io stamattina dei vestiti per tutti e tre i bambini e li ho portati ai nonni, l'incognita sarà mio padre che di solito abbonda).

A dicembre si passa a Santa Lucia, non sento questa festività come portatrice di doni non avendola mai vissuta in prima persona ma all'asilo di mio figlio fanno trovare un piccolo dono per ogni bambino nelle loro classi, quando si arriva la mattina si trova in giro del fieno, scatoloni, un piccolo caos per far credere ai bambini che nella notte Santa Lucia è stata all'asilo per portar loro dei piccoli doni.

La prossima sarà Santa Lucia, ma ne parleremo tra un pò...
Non esiste nulla di più bello che trasmettere di generazione in generazione questo genere di tradizioni per far sognare i bambini e perchè no, far sognare anche noi adulti insieme a loro.
Che il Signore vi benedica.
Cristina.

lunedì 10 novembre 2014

Le tanto amate tradizioni.


Buon pomeriggio,
oggi voglio parlare delle "tradizioni di famiglia" dato che si avvicina il periodo natalizio e con esso Santa Lucia e Babbo Natale con i loro doni.
Ne parlo in largo anticipo perchè sono cresciuta con San Martino come apripista delle festività, ed essendo domani la sua festa è il momento giusto per parlarne.
San Martino, per i bambini portatore di doni in groppa al suo cavallo, per noi adulti è un il santo che tagliò il suo mantello per riscaldare un povero, nonostante avesse genitori pagani, all'età di 10 anni volle diventare cristiano; a 18 anni dopo il gesto del mantello e aver ricevuto in sogno Gesù Cristo, si fece battezzare.
Da piccolina era tradizione preparare la sera delle carote e delle foglie per il cavallo di San Martino, scrivere la letterina e il giorno dopo per prima cosa andare a controllare che il cavallo avesse mangiato e solo dopo andavo a vedere i doni.
Sono passati tanti anni ma ricordo ancora la gioia nel preparare la lettera e il cibo per il cavallo e nonostante ora vivo in un paese diverso voglio far rivivere questa tradizione ai miei figli nonostante qui non ci sia questa usanza. (dista solo 5km ma qui hanno santa lucia e non san martino e viceversa dove vivevo prima).
A dicembre si passa a Santa Lucia, non sento questa festività come portatrice di doni non avendola mai vissuta in prima persona ma all'asilo di mia figlia fanno trovare un piccolo dono per ogni bambino nelle loro classi, quando si arriva la mattina si trova in giro del fieno, scatoloni in giro, un piccolo caos per far credere ai bambini che la notte Santa Lucia è stata all'asilo per portar loro dei piccoli doni.
Quest'anno vedremo di adeguarci e fare qualcosa anche a casa dato che ora mia figlia è abbastanza grande per capire (quasi 4 anni e mezzo), mentre l'altro figlio ancora no (ha 2 anni) ma per loro questo e altro!
Si arriva al Natale, quel magico momento della nascita di Nostro Signore!
Oltre a tutto il percorso dell'avvento per cui ogni giorno è qualcosa di speciale e che ci avvicina alla data fatidica, c'è la preparazione del presepe e dell'albero che non può mai mancare con la mia cura maniacale dei dettagli del presepe :)
Per l'arrivo di Babbo Natale, ovvero l'aiutante di Gesù bambino, perchè per noi è Babbo Natale che porta i doni "fisicamente" ma è tutto opera di Gesù Bambino, si preparano carote e foglie per le renne mentre per Babbo Natale un bicchiere di latte e dei biscotti... che poi ho capito da grande il motivo per cui mio padre invece mi faceva preparare spumante e panettone (furbo!).
Da piccola mi addormentavo con le luci dell'albero di natale che era proprio fuori dalla mia camera (l'albero era sopra la capanna creata in una radice d'albero da cui poi partiva un presepe lungo tutto il corridoio per due lati quindi circa 2mt. tutto creato da mio padre nei minimi dettagli), appena mi svegliavo controllavo nella capanna che fosse arrivato Gesù Bambino, poi controllavo che le renne avessero mangiato e infine andato a vedere i doni e i resti dello spuntino di Babbo Natale.
Babbo Natale ovvero San Nicola, che con la sua immensa bontà distribuiva le ricchezze ai più poveri, si fece carico di orfani, vedove e perseguitati.
Ancora oggi se ci penso mi si riempie il cuore di gioia e non vedo l'ora di far rivivere le stesse emozioni ai miei figli.
La piccola cresce e già nel dirle che stamattina avrei preso le carote per il cavallo le si sono illuminati gli occhi, il fratello saltava tutto felice ma dubito avesse capito il motivo.. di solito gli basta vedere la sorella contenta :)
Non esiste nulla di più bello che trasmettere di generazione in generazione questo genere di tradizioni per far sognare i bambini e perchè no, far sognare anche noi adulti insieme a loro.
Che il Signore vi benedica.

giovedì 29 agosto 2013

Educazione religiosa.


Buon tardo pomeriggio,
ero indecisa se scrivere oggi poi ragionando su tema dei figli (lunedi la mia prima bimba inizia il primo anno di asilo) credo che un piccolo accenno riguardo l'educazione dei figli oggi ci vuole.
Come poter insegnare ai nostri figli la fede cattolica? quale è il metodo migliore??
L'ESEMPIO!!
Esatto, una cosa semplicissima e spontanea, il semplice esempio che viene dal cuore e dalla nostra immensa e reale fede vissuta in ogni attimo con gioia.
Sono cresciuta in una famiglia che la fede la viveva "perchè lo fanno tutti", andava a messa solo a Natale e Pasqua e obbligava me e mio fratello invece ad andarci ogni settimana.
Se i genitori per primi non vanno a messa, come possono i figli vivere bene la fede e a non vederla come un obbligo e soprattutto quasi priva di significato?
Io nonostante tutto ci andavo abbastanza volentieri, partecipavo alle recite, cantavo nel coro della chiesa, poi una volta cresciuta e introno ai 13 anni ho abbandonato tutto appunto perchè non avevo alla base qualcosa di reale e solido che potesse farmi mantenere la fede salda.
Continuando comunque a studiare il cattolicesimo per conto mio sono passati molti anni e con il tempo mi sono costruita da sola le basi per una fede salda e che viene dal cuore, nonostante percorsi religiosi molto diversi hanno fatto parte della mia vita.
Anche i genitori di mio marito nonostante l'esempio non gli hanno trasmesso quella fede salda, allora perchè nonostante l'esempio in casa e il loro andare a messa ogni settimana non hanno trasmesso nulla ai figli?
Perchè era un "esempio vuoto" loro hanno molta fede ma non la sanno trasmettere e quindi hanno imposto la loro fede senza entusiasmo dicendo che se non andavano a messa era sbagliato, era peccato etc, ma non hanno mai spiegato che andare a messa è un incontro con il Signore, e attraverso l'eucarestia siamo un tutt'uno con Lui, che la fede è gioia immensa e non tristezza e un "dovere vuoto".
Queste cose le ho capite con il tempo e anche mio marito poichè stiamo facendo un percorso insieme, avendo riscoperto la gioia dell'incontro con Cristo, la gioia di essere cristiani, la gioia della preghiera che speriamo di trasmettere ai nostri figli anche se ora sono ancora piccoli.
Il pregare con i figli con il sorriso, spiegare loro che il Signore è misericordioso e non ci abbandona mai, che nonostante i nostri sbagli ci è sempre accanto per aiutarci a rialzarci anche nei momenti peggiori.
Non a caso abbiamo comunque scelto un asilo cattolico per la piccola, la fede deve principalmente essere trasmessa in casa ma ci deve anche essere un supporto esterno come in questo caso la scuola dell'infanzia a base cattolica per poter proseguire anche fuori casa ciò che noi le stiamo già trasmettendo.
Non mi dilungo ma tornerò sull'argomento a breve.
Che il Signore vi benedica.

martedì 13 agosto 2013

Sant'Ippolito, il patrono del mio paesello.

Oggi da noi si festeggia la memoria di Sant'Ippolito, patrono del mio piccolo paese.
Essendomi trasferita qui da quasi 3 anni, ancora non sento mia questa tradizione poichè ero abituata a "festeggiare" San Rocco, San Michele e San Martino.
Di seguito la storia di questo Santo:



Sant' Ippolito Sacerdote e martire 13 agosto - Memoria Facoltativa - m. 235

Nel 230, durante l'impero di Alessandro Severo, la cui tolleranza in fatto di religione permise alla Chiesa di riorganizzarsi, venne eletto Papa Ponziano. Ma proprio in questa parentesi di pace avvenne nella Chiesa di Roma la prima funesta scissione che contrappose al legittimo pontefice un antipapa, nella persona di quell' Ippolito, restituito da un provvidenziale martirio all'unità e alla santità. Ippolito, sacerdote, colto e austero, era giunto ad accusare di eresia lo stesso pontefice San Zefirino e il diacono Callisto, e quando quest'ultimo fu eletto papa nel 217, si ribellò, accettando di essere lui stesso invalidamente eletto dai suoi partigiani. Si mantenne nello scisma anche durante il pontificato di San Urbano I e di San Ponziano. Intanto l'imperatore Alessandro Severo veniva ucciso in Germania. Gli subentrava il trace Massimino, più duro nei confronti dei cristiani. Trovandosi di fronte a una Chiesa con due capi, spedì entrambi ai lavori forzati in una miniera della Sardegna. Ponziano rinunciò al pontificato. A succedergli fu Antero, che governò la Chiesa solo per 40 giorni. Ippolito morì nel 235. (Avvenire)

Patronato: Cavalli

Etimologia: Ippolito = che scioglie i cavalli, dal greco

Emblema: Palma
Martirologio Romano: Santi martiri Ponziano, papa, e Ippolito, sacerdote, che furono deportati insieme in Sardegna, dove entrambi scontarono una comune condanna e furono cinti, come pare, da un’unica corona. I loro corpi, infine, furono sepolti a Roma, il primo nel cimitero di Callisto, il secondo nel cimitero sulla via Tiburtina.