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lunedì 13 settembre 2021

Recensione: "Ancora non hai figli? Quando vorresti urlare ma ti limiti a sorridere" di Livia Carandente.

 

Anche se in ritardo rispetto a ciò che avevo promesso a Livia, ecco la recensione del libro "Ancora non hai figli? Quando vorresti urlare ma ti limiti a sorridere".
Raramente scrivo qui recensioni, ma per alcuni ho pensato possa essere utile ed interessante ritagliare un angolino nel blog per farli conoscere (sono abbastanza in fissa con i book club).
Per cui vi lascio subito alla recensione, con qualche riflessione personale:




Collana: Famiglie Spaziali
Casa Editrice: Tau Editrice
Data Pubblicazione: 26 aprile 2021
Pagine: 138
Autrice: Livia Carandente
Disponibile cartaceo ed ebook.



Di cosa parla?

Avevamo salutato la protagonista di "Quanti figli hai? Quando l'attesa di un bebè dura più di nove mesi" mentre provava a gestire la nausea e l'emozione per il fatidico ritardo. Cosa sarà successo, poi? Livia Carandente, con la sua solita ironia, tutta femminile ci riporta nelle vicende personali di questa donna, amica, sorella, figlia. Ci introduce nei suoi intimi pensieri che continuano ad orbitare attorno ai numerosi impegni, ai desideri e ai suoi monologhi di protesta: contro l'invadenza di certe domande impiccione, contro determinati schemi che la società ti appiccica addosso, contro l'indelicatezza di chi, pur di curiosare, non esita a camminare sulle tue ferite. Ma ci narra anche di un amore solido, di una fecondità di coppia che va oltre le circostanze e gli script imposti, di un legame che si intreccia, quotidianamente, tra risate e lacrime.

Recensione:

Visto il precedente libro (che trovate qui), non potevo farmi mancare anche questa lettura.
Purtroppo ci ho messo tantissimo a terminarlo.. ma solo per una mia personale mancanza di tempo e la testa un po' sconnessa.
Confermo che è stato un limite mio perché la sua vena ironica rende il libro leggero, scorrevole e piacevole, senza però togliere la serietà dell'argomento e rendendo ben comprensibile il macigno che la coppia deve sopportare quando tutto intorno è un susseguirsi di pressioni da parte di chi invece dovrebbe semplicemente tenerti la mano e stare in silenzio.

Non ho vissuto sulla mia pelle ciò che ha vissuto la protagonista del libro, non posso immaginare cosa voglia dire dover attendere per anni con delusioni continue e la speranza che si affievolisce ma rende l'accettazione sempre più dolorosa..
Ma posso dire che mi ha fatto tanto bene leggerlo perché fa comprendere come ogni cosa non dipenda da noi nonostante ci ostiniamo a volerci sentire quasi onniscienti.
Quante volte in passato, per rispondere a domande (idiote) tipo "ma allora, i bambini sono capitati o lo avete scelto?" mi è capitato di dire (da idiota a mia volta) "i miei figli sono arrivati quando abbiamo deciso di averli"..
Ecco, questo libro ti fa rimettere i piedi per terra e ti fa pensare che... col cavolo che scegliamo noi quando avere figli!! Ma che cosa avevo in testa quando rispondevo il quel modo??? 

Poi la lettura va avanti ed ecco un altro spunto molto interessante:
"Genitori. In quanti li hanno? E in quanti li hanno amorevoli e protettivi come i miei? Punto a me.
Sorelle. Chi ha il dono della famiglia numerosa? Punto a me.
Marito. Chi ha ancora un marito? Sono tutti al secondo o terzo compagno di vita (che poi perché lo chiamano compagno di vita se ci fanno solo un tratto insieme?); punto a me.
Potrei andare avanti per tanto tempo. Poi, penso a chi ha queste cose più un figlio. Il mio gioco di psicologia non regge più. Vacillo. Ma: non sto nei panni degli altri. Che ne so quale sia il fattore x, il pezzo mancante per loro?[...]"
Ricordo bene quando ci siamo aperti alla vita con i nostri 3 figli, e per esempio Mattia (il terzo) è arrivato dopo circa 6 mesi... ogni volta che vedevo il test negativo ero il crisi, ecco.. leggendo il libro ho capito che tutto sommato la mia angoscia a confronto era qualcosa di banale, forse esagerata avendo già altri 2 figli, ma... c'è un ma... come dice Livia, sono convinta che non esista una donna più "fortunata" di un'altra, credo invece che ognuna abbia le proprie fatiche, che riesca ad averli subito, dopo pochi mesi, dopo anni, oppure non riesca ad averne.
E' umano pensare che una sia più fortunata perché ha ciò che vorremmo con tutto noi stesse anche noi, ma non sappiamo cosa manca a lei, come ci è arrivata, quanto ha sofferto o cosa le riserva il futuro.
Dio fa bene tutte le cose, anche quelle che per noi non hanno senso, prima o poi un senso lo avranno anche per noi.

C'è una cosa che tutte abbiamo in comune, ovvero la pressione esterna ed è una cosa che può anche devastare.
Non capirò mai il motivo per cui debba esserci questa pressione, cioè... cosa ci guadagna chi continua a fare domande, dire frasi di circostanza o cose simili?
"Volevo solo essere d'aiuto!, "volevo solo parlare della mia esperienza...", "volevo... volevo.. volevo.." poi però si dimenticano di pensare a "cosa è meglio per lei?", sarebbe meglio non continuare a chiedere, sarebbe meglio pensare veramente a cosa sia meglio dire o ancora meglio, NON dire mettendo prima il bene dell'altra piuttosto che il bisogno di dire per forza qualcosa.
Abbiamo il mezzo migliore in assoluto per queste cose... PREGARE.
Livia racconta benissimo tutte quelle frasi dette da chi ti sta accanto e che certe volte feriscono in modo cosi profondo che è difficile da spiegare (e lei ci riesce) oppure le frasi silenziose, quelle dette con gli sguardi.

Livia in questo libro insegna una cosa importantissima, ovvero che la fecondità in una coppia non è data per forza dalla presenza di figli ma va ben oltre, è qualcosa che parte dalle fondamenta, parte dal saper coltivare quell'amore che non pretende di avere un figlio perché è un suo diritto o lo vuole utilizzare come àncora di salvezza se la coppia è in crisi.
E' un amore profondo, puro, fatto di incontri e scontri ma che è indipendente dall'accoglienza di un figlio.
Grazie Livia per averci fatto rimettere i piedi ben saldi a terra, grazie per aver raccontato un vissuto della protagonista molto intenso, smorzato dall'ironia ma tanto profondo che meriterebbe una catechesi sulla fecondità della coppia partendo dallo spirito.

Beh, che dire... lettura super consigliata!
Buona lettura!

mercoledì 12 febbraio 2020

Recensione: "Quanti figli hai? Quando l'attesa dura più di 9 mesi" di Livia Carandente


Questa volta non è il solito post ma la recensione di un libro.
Era da molto che non ne scrivevo qui (ho un altro sito per questo), ma per quelli di fede ho pensato possa essere utile ed interessante ritagliare un angolino nel sito per farli conoscere esattamente come il vecchio book club.
Su instagram solitamente utilizzo #folliletturecattoliche
Per cui ecco qui la recensione.






Collana: Famiglie Spaziali
Casa Editrice: Tau Editrice
Data Pubblicazione: 2019
Pagine: 88
Autrice: Livia Carandente
Disponibile cartaceo ed ebook.


Di cosa parla?

Una lettura intrisa di ironia, un pizzico di velata amarezza ma soprattutto uno slancio di allegria in una storia tutta femminile ruotante intorno al tema della ricerca dei figli che, talvolta, tardano ad arrivare in un matrimonio. Sotto i riflettori del romanzo, una donna, felice, amata e in carriera, la cui serenità comincia a vacillare quando nella sua vita compaiono, in numero esponenziale, pancioni, fiocchi e coccarde di benvenuto. L’autrice apre al lettore squarci sempre più ampi di riflessione tragicomica su una vita di coppia, influenzata dalle indiscrete domande di amici, parenti, vicini di casa, conoscenti e addirittura sconosciuti. La protagonista del romanzo, in una esposizione di autentica verità, si interroga sul senso del dolore di una mancata maternità, in un groviglio di contraddizioni, risate, lacrime, e stupore; quello della vita che la sorprenderà.

Cosa ne penso:
Quando mi è stata proposta la lettura di questo libro ho accettato volentieri perchè era già nella lista dei libri da acquistare.
Come potete immaginare, quella lista è in continua crescita, peccato che poi il tempo per smaltire gli acquisti non combacia con il ritmo di acquisto.
Diciamo che potrebbe essere un proposito per la quaresima che si avvicina ma vedremo.
Essendo un libro breve, ho bloccato una lettura in corso e messo in secondo piano altre letture (infatti sono in ritardo con delle recensioni da consegnare ma shhhhh) per dare la precedenza a quello di Livia Carandente.
Devo dire che ho fatto bene, è stata una boccata d'ossigeno per molti aspetti, scorrevole, diretta, sincera, ironica ma anche riflessiva, questa lettura ha rispecchiato le mie aspettative
Conoscere i sui pensieri cosi diretti riguardo il quotidiano di una donna che non riesce ad avere figli è stato splendido.
Splendido perchè cosi le persone possono rendersi conto di quanto facciano male certe domande, certe insinuazioni, intromissioni anche se il fine non è quello di fare del male.
Poi per carità alcuni lo fanno pensando di fare del bene ma credo che si debba imparare a mettersi nei panni degli altri prima di parlare, la cosa peggiore certe volte è lo sminuire una cosa o il cercare di rialzare il morale portando esempi che in realtà non aiutano.

L'ironia con cui sono espressi i pensieri di Livia è bellissima, inoltre credo che molte si possano ritrovare in lei anche se per motivi differenti portando le altre a non sentirsi sole.
Il dolore e la solitudine provata quando tutto intorno grida altro, traspare in molti punti e lì emerge quel lato umano fragile che si alterna all'ironia.
Pagina dopo pagina ti ritrovi ad attendere con lei la bella notizia, a vivere ogni sua emozione con la voglia di gioire con lei.
Emerge anche una cosa molto importante, la difficoltà di strade alternative, soprattutto la via dell'adozione; la presa di posizione di Livia riguardo un argomento molto delicato e la sua scelta fatta con estrema semplicità e coerenza.
Avrei voluto leggere ancora e ancora perchè ero presissima dalla sua storia e al termine del libro è stato come avere una nuova amica che ti confida un pezzo importante della sua vita (e non è da tutti).

Per cui che dire... lettura sicuramente consigliata, compratelo, regalatelo, consigliatelo!!
Buona lettura! Se volete acquistarlo qui di seguito il link diretto!! ;)


lunedì 8 ottobre 2018

Recensione e Intervista a Debora Vezzani, "Come un Prodigio".




Questo articolo è opera di Maristella, una folle donna cattolica che dopo aver letto il libro "Come un prodigio", ha voluto condividere con tutti noi ciò che le ha trasmesso, oltre ad una meravigliosa chiacchierata direttamente con l'autrice, Debora Vezzani.

                                                             *******************
Un libro per chi si sente sepolto ma ha desiderio di rinascere, affranto e vorrebbe ritornare forte, spento e anela alla luce; libro autobiografico di una donna che racconta come Dio l'ha risollevata. 
Un Dio che rialza, un Dio risorto che l'ha risorta con Lui, che ha messo una croce al posto della pietra che lei aveva messo sulla sua vita: "La pietra rotola via e tu ricominci a vivere."

Debora Vezzani scrive la sua storia con un linguaggio semplice e chiaro; la storia della sua vita in cui Dio, come benevolo padre, la chiama per nome per lenire le afflizioni e risanare le ferite. 
Classe 1984, cantautrice e musicista, e' stata abbandonata alla nascita da una donna orfana anche lei, con gravi problemi di salute mentale, cresciuta e vissuta in istituti.
Nonostante i medici le consigliassero di abortire, ella disse di si' alla vita ed affido' la piccola Debora in adozione perche' potesse avere il dono di una famiglia, che lei stessa non aveva mai avuto.
Nel libro quindi racconta una serie di eventi scaturiti da varie scelte sbagliate che culminano con il fallimento del suo matrimonio con un uomo ateo; matrimonio riconosciuto poi nullo dalla Chiesa.

Debora racchiude in una canzone intitolata "Venticinque", la prima di una lunga serie, la forsennata ricerca della madre e della sua identita'; venticinque come gli anni che ha dovuto attendere prima di avere notizie su di lei.
"Io non so chi sono, non so cosa cerco, che cosa ho perso...cordone ombelicale che e' rimasto addosso e non si puo' staccare..."
Una ferita profonda quella dell'abbandono che solo Dio tramite la Chiesa ha saputo rimarginare.

Ad un certo punto, come un faro nel buio, come quando si dice"luce per i miei passi e' la Tua parola", ecco che si scorge la luce, fioca all'inizio, tramite il salmo 139 che Debora ha musicato per una coppia di amici al loro matrimonio, che recita: "Sei Tu che mi hai creato e tessuto nel seno di mia madre. Tu mi hai fatto come un prodigio..." 
Una canzone che ha parlato a tanti cuori stanchi e oppressi, riaccendendo la speranza in Dio.
Questo salmo le svela finalmente la vera immagine di Dio che aveva un progetto di amore per lei, sin dal seno materno; progetto di amore che non riguardava solo lei. 
Personalmente, infatti, la parte che ho preferito del libro e' stata l'incontro di Debora con il suo attuale marito, con il quale svolge attualmente un apostolato tramite il quale portano, attraverso la musica, la loro testimonianza di conversione. 
Due "casi impossibili" che, grazie allo zampino della Madre di Dio, si incontrano e diventano possibili. 
D'altronde lo aveva sentito la Vergine Maria stessa durante l'annunciazione, quell'incontro tanto inaspettato quanto straordinario, che "Nulla e' impossibile a Dio." E Lei stessa si era fidata. 
La storia di Debora e suo marito Jury e' una prova della bellezza delle opere di Dio e che Egli mai abbandona un suo figlio.

Dal racconto del loro fidanzamento e poi del matrimonio, fino all'arrivo del loro primo figlio, una escalation di eventi in cui si manifesta l'amore divino e non solo. Il libro poi termina con un piccolo regalo che Debora vuole fare al lettore, che riguarda la scoperta di un dono speciale.

Ho voluto contattare Debora per chiederle di rilasciare un'intervista a noi del gruppo "Stile di vita di una folle donna cattolica", facendole 3 domande.
Lei ha risposto con tanta gentilezza e onesta', nonostante i suoi mille impegni e per questo ne sono grata!

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INTERVISTA A DEBORA VEZZANI

1) Ciao cara! Nel tuo libro parli di come il Signore abbia stravolto la tua vita facendoti sentire come il suo prodigio in un momento della tua vita in cui ti sentivi una nullita'. Cosa diresti a tutte le donne che non si sentono un prodigio a causa delle difficolta' della vita, nonostante provino a seguire il Signore tramite la Chiesa?

D: Ciao Maristella! Il non sentirsi un prodigio oppure avere qualche difficolta' a crederlo, lo sperimento anche io. Sono tentazioni che il maligno ci mette in testa. 
Questa cosa l'ho vissuta tanto nella prima parte della mia vita: e' una delle mie ferite; e' una ferita che il maligno va a colpire tutt'ora, quando sono un po' debole e traballo un po', ecco che subito mi si insinua dentro. Credo che, nonostante cerchiamo di seguire la Chiesa come dici tu nella domanda, sia di vitale importanza, necessario ed urgente credere con tutto il cuore, il corpo, la mente, le forze, l'anima e con tutte noi stesse alla parola di Dio. 
Quando ci stacchiamo un attimino dalla parola di Dio, ecco che il maligno prende il sopravvento, e noi crediamo alle sue proposte e ci dice: "noi non valiamo niente e Dio e'cattivo." Io credo che sia necessario, fare un atto di volonta' e mettersi dei paletti non mettendo piu' in discussione per esempio, che Dio e' buono, che io sono un prodigio e che Dio e' morto per me; che tutto quello che ha fatto lo ha fatto per me, per amore, compreso dare la sua vita per me. Quindi per rimanere saldi nella fede e per non sbandare e non cedere agli inganni del demonio, e’ importantissimo avere dei paletti fermi che non vanno spostati a costo di qualunque cosa. Ci sono delle cose ferme che non vanno mai toccate e che bisogna dirsele anche quando il proprio cuore direbbe "non e' vero". 
Bisognerebbe farsi il post-it nel cuore e nei ragionamenti, con scritto: Dio e' buono, Egli mi ama, io sono un prodigio e un capolavoro, e gli altri possono dirmi quello che vogliono dalla mattina alla sera ma io sono un prodigio, figlia di Dio, costata il sangue di Cristo. 
 Il Nemico ci verra' sempre a colpire nelle nostre ferite, ma noi dobbiamo rimanere ancorati a Dio, ma non col sentimento, per cui oggi sento il Signore allora oggi gli credo, oppure oggi sono in un deserto terribile ed allora Dio non so neanche dove e', per cui oggi non sento Dio. No! Non mi devo far prendere dalle emozioni, ma tiro fuori il mio post-it: Dio e' buono ed io sono un capolavoro. Fermezza e perseveranza a credere anche quando nel nostro cuore non c'e' questo sentimento.

2) Un tema molto a cuore a tutte le mamme cattoliche e' la trasmissione della fede ai figli, soprattutto oggi giorno in cui la societa' secolarizzata propina distrazioni e distoglie dalla bellezza dell'essere cristiani. Cosa significa per te trasmettere la fede?

D: Non posso nascondere che trasmettere la fede per me ed oramai anche per mio marito, e' diventata la nostra vita; nel senso che siamo appunto impegnati in questo apostolato da quasi 4 anni, che ci ha completamente stravolto la vita, che ci porta in giro in tutta Italia, che ci fa incontrare tantissime persone e che ci fa godere dei meravigliosi frutti di Dio nella vita degli altri, attraverso questa opera di evangelizzazione. Quindi la trasmissione della fede per noi e' diventata la vita, pero' ecco questo modo di trasmettere la fede agli altri non lo avrei mai immaginato; mai avrei immaginato che il Signore mi chiedesse questo. Pero' devo fare un piccolo appunto: la trasmissione della fede non e' semplicemente questo apostolato che in questo caso specifico e' una missione, la trasmissione della fede è un dovere ma anche un onore, un qualcosa alla quale tutti noi battezzati siamo chiamati, ognuno con i propri mezzi, nel proprio modo, nel proprio mondo piccolo o grande che sia, e quindi e' una chiamata del cristiano, del battezzato, di tutti soprattutto in famiglia ai propri figli. Noi abbiamo un bambino, Emmanuele Maria, e credo che la migliore via di trasmissione della fede in famiglia sia l'esempio. Emmanuele e’ molto piccolo e non abbiamo iniziato a fare discorsi, perche' non parla nemmeno, pero' questi primi passi di trasmissione della fede che abbiamo fatto con lui, e che io consiglio a tutti, e' che gia' dalla gravidanza il bambino lo abbiamo consacrato al Cuore Immacolato di Maria. 
La trasmissione della fede oltre all'esempio ed al parlare e insegnare e raccontare ai figli credo che sia proprio un modo di vivere che gia' 2 fidanzati possono preparare come terreno appunto consacrando i futuri figli che Dio vorra' dare nel matrimonio. Consacrarli anche nel momento in cui una donna e' incinta. L'abbiamo rifatto questa consacrazione quando aspettavamo nostro figlio, lo abbiamo consacrato al cuore Immacolato di Maria ed alla Divina Volonta’. Credo che questa trasmissione di fede passi appunto per lo stile di vita e il preparare il terreno fin da subito, che siano due ragazzi appena fidanzati o appena sposati. Ora Emmanuele e' sempre a messa con noi e quando arrivera' il momento di trasmettere la fede nel senso di parlare e raccontare faremo anche questo passo, pero' ecco per ora credo sia importante comunque gia' immergere i propri figli nell'ambiente divino il piu' possibile.

3) Il gruppo "Stile di vita di una folle donna cattolica" e' ispirato alla vita quotidiana di noi donne cattoliche (non solo mamme) in cui la moda ne fa anche parte. Una donna cattolica, sebbene non abbia dei criteri precisi da seguire (non necessariamente) puo' seguire il suo buon senso nella scelta quotidiana del vestirsi, e si distingue pero' anche nella moda, nella cosiddetta moda modesta. Cosa ne pensi della moda e quale e' il tuo stile di vita? (a chi/cosa ti ispiri).

D: Io in realta' non ho un riferimento in chi o cosa mi ispiro. Cerco di essere una persona semplice; e' un po' nel mio stile di essere semplice anche perche' mi costa fatica il tirarmi e fare chissa' cosa. Anche ora col bambino e' davvero impegnativo trovare il tempo. Diciamo che prima della conversione ero molto piu' eccentrica, infatti questo e' testimoniato da alcuni video di canzoni precedenti, che ci sono su internet, da alcune foto che ci sono su Facebook, dove indossavo abiti scollati, gonne e i tacchi, col viso molto truccato. Credo che innanzitutto il pudore, la purezza, il buon gusto e il buon senso siano una cosa importante da proteggere. E' ovvio che ora non mi metterei mai delle cose scollate o delle gonne corte perche' saprei di andare a favore di un atteggiamento che innanzitutto ha l'intenzione di farmi vedere. Perche' una si mette la gonna corta? Per far vedere le gambe. Perche' si mette una scollatura? Per far vedere il decolte', il seno. Quindi l'intenzione e' che mi faccio vedere, l'intenzione e' di stare al centro, l'intenzione e' io io io. L'intenzione non e' la gloria di Dio ma e' di cercare la propria gloria, stima e interesse personale. Penso che ognuno dovrebbe cercare la gloria di Dio e non la gloria del proprio io. E in più c'e' l'aggravante che si inducono gli uomini a commettere pensieri non puri; quindi metto in pericolo di peccato anche gli altri. Io vedo che se una persona davvero cerca la glora di Dio e vuole cercare il nascondimento, che per una donna sposata con figli, non significa essere una suora di clausura, ma significa avere un atteggiamento umile (Per esempio io sono una cantante per cui posso vivere questa cosa in due modi: o con un atteggiamento di nascondimento o di esibizionismo). La prima parte della mia vita, era caratterizzata al mio voler essere sempre al centro dell'attenzione. Ora il mio obiettivo e' la gloria di Dio e certamente non vado vestita e truccata come se andassi a rimorchiare persone. Ovviamente ci sono tutte le sfumature di mezzo: cioe' non vuol dire che non bisogna truccarsi o non mettersi i tacchi pero' se tutto e’ fatto con modestia con purezza e nascondimento cioe' con un atteggiamento di non mettersi in mostra o con atteggiamento umile che non cerca gli sguardi e la propria gloria, si testimonia la presenza di Cristo anche in una bella donna ben vestita e ben curata. Perche' non e' che ci siano solo due opzioni cioe’ o siamo vestite da meretrici o da suore. No. Una cura di se' con dignita' e senza l'intenzione di esibirsi, e' una cosa buona. Se l’intenzione e’ la gloria di Dio ogni cosa viene da se': la scarpa viene da se', il trucco viene da se' e le scelte quando vado a comprare vengono da se', perche' io prima di ogni cosa metto Dio e non il mio io.

Spero di essere stata esaustiva. Un grande bacio a presto.
Debora Vezzani
(di Maristella Pignatelli Saraceno)

mercoledì 14 marzo 2018

Recensione del libro "Piedi di cerva sulle alte vette, viaggio a Dio attraverso il cantico" di Hannah Hurnard


Piedi di cerva sulle alte vette. Viaggio a Dio attraverso il cantico.

Genere: Studi di esegesi biblica
Pagine: 176
Prezzo: 9,80€
Editore: Gribaudi
Data uscita: 1982

ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO

L'INVITO A RAGGIUNGERE LE ALTE VETTE

Questa è la storia di come Timorosa riuscì a liberarsi dalla parentela dei Paurosi per seguire il Pastore sulle Alte Vette dove « l'amore perfetto annulla tutte le paure ».

Erano diversi anni che Timorosa era al servizio del Gran Pastore, le cui belle greggi erano condotte al pascolo nella Vallata dell'Umiliazione. Abitava con le amiche e compagne, Misericordia e Pace, in un piccolo casolare bianco e tranquillo nel villaggio del Tremebondo. Amava il suo lavoro e desiderava soddisfare nel miglior modo possibile il Gran Pastore ma, nonostante si sentisse soddisfatta della sua vita, era anche conscia di ciò che la intralciava nella sua attività e che le causava grande angoscia e segreta vergogna.

Anzitutto era nata storpia, con piedi deformi che la facevano zoppicare e inciampare durante i vari lavori. In più aveva la bocca storta; e questo difetto non solo ne sfigurava l'espressione del volto e ne falsava il timbro di voce ma la rendeva anche ripugnante a guardarsi. Si rendeva amaramente conto che queste deformazioni dovevano essere causa di stupore e di ostilità per tutti quelli che sapevano che lei era al servizio del Gran Pastore.

Desiderava quindi con tutto il cuore che questi difetti svanissero per diventare bella, graziosa e forte come gli altri servitori del Pastore e, soprattutto, sognava di diventare come il Gran Pastore stesso. Ma temeva che non le sarebbe timi riuscito di liberarsi dalle sue deturpazioni e di dover rimanere per sempre impedita nelle proprie attività.


Recensione

Per questo genere di libro, la trama non serve, vi ho messo l'estratto del primo capitolo per far capire meglio la struttura.
Mi è stato consigliato dal mio padre spirituale quando affrontammo il discorso della fede e delle cose negative che accadono nel corso della vita.
E' un viaggio allegorico-simbolico che ti porta a vivere anche in prima persona qualcosa di forte e molto interiore, ti apre gli occhi e il cuore.
Il tutto con pezzi del Cantico dei Cantici, utilizzato come canto del Pastore e di Timorosa oltre che dalla natura.

Timorosa, una serva del Gran Pastore, vive nella Vallata dell'umiliazione e fa parte della famiglia dei Paurosi.
E' una persona molto insicura, fatica a camminare, in viso non è bella anzi, ha alcune deformazioni.
Un giorno il Pastore le propone di andare con lui a vivere sulle Alte Vette e lei accetta, le viene piantato il seme dell'amore, seme che in realtà è una spina e una volta messo nel cuore sente dolore ma poi arriva la pace.
Per arrivare alle alte vette dovrà prima di tutto essere accompagnata da due protettrici incaricate dal Pastore che la aiuteranno in tutto il percorso, Tristezza e Sofferenza.
In tutto il viaggio si ritroverà a sperimentare l'immenso amore del Pastore, anche quando lei crede che lui la stia allontanando dalle Alte Vette invece che farla avvicinare.
Ne passerà tante, dovrà superare molti ostacoli, dovrà fare i conti con i sui parenti che cercheranno di dissuaderla per riportarla indietro, soprattutto Codardo a cui vogliono darla in sposa, poi incontrerà Orgoglio e altri parenti.

Le « Alte Vette » e i « piedi di cerva » non si riferiscono a luoghi paradisiaci dopo la morte; intendono invece essere l'esaltante esperienza dei figli di Dio quaggiù, se essi sapranno seguire il sentiero che egli sceglie per loro.

Poco a poco imparerà ad affidarsi sia alle sue compagne di viaggio sia al Gran Pastore, passerà attraverso le sponde della Solitudine, lo strapiombo dell'ingiuria, la valle della perdita e molti altri luoghi.
Per ogni passo superato creerà un altare per il Signore e da quell'altare ricaverà una piccola pietra che porterà con sè per ricordarsi di ciò che ha vissuto e dei cambiamenti avvenuti.

Ve lo consiglio anche se non è facile comprendere questo libro, penso abbia bisogno di essere letto almeno 2 o 3 volte in tempi diversi.
Con la prima lettura si ha una base, con le successive si scava più a fondo.

"Forse il Signore sceglierà tale sentiero a conforto di quei figli che si trovano nella forzata compagnia della tristezza e della sofferenza o che « camminano nella tenebra senza alcuna luce » oppure che si sentono « sballottati nella tempesta e senza soccorso ». Sarebbe loro di grande aiuto per comprendere il vero significato di quanto succede, perché le esperienze che si trovano ad affrontare sono tutte parte di quel meraviglioso processo attraverso il quale il Signore riproduce nella vita dell'uomo la stessa esperienza che fece gridare di esultanza sia Davide che Abacuc: « Il Signore Dio ha reso i miei piedi come quelli di un cerbiatto e mi ha posto sulle mie Alte Vette ".

Buona lettura!                                  Per acquistarlo 🔻
Cristina